SOFT-GRAFFITI |
Storia di SOFT |
Un giorno di maggio del 1981 a un nutrito gruppo di neo-laureati di Roma arrivava un telegramma firmato "Italcable", qualcuno, pensando che fosse solo il nome del gestore del servizio, telefonò per sapere chi assumeva, altri erano diffidenti, puntavano a società più note nel settore informatico. Era un periodo felice in cui dopo la laurea le lettere spontanee arrivavano dalle imprese, e magari qualcuno avrà pure scartato quella opportunità e preferito un colloquio alla Olivetti o alla IBM. Ma il 12 maggio in circa 200 si trovavano di buon mattino al Jolly Hotel, a un passo da Villa Borghese, e ascoltavano l'ing. Borelli e l'ing. Scarponi che illustravano in sintesi gli obiettivi di SOFT...
L'ambizioso progetto "Divisione SOFT" |
Lo sforzo di sintesi e
assieme di riservatezza e la scarsa o nulla esperienza del mondo
dell'informatica non consentirono in realtà a quasi nessuno dei candidati di
capire in quale impresa si stavano imbarcando. Quello che si capiva è che
avrebbero lavorato in una "fabbrica del software", una nuova iniziativa di una
delle più importanti società di telecomunicazioni italiane.
Avrebbero appreso nei dettagli soltanto dopo di essere l'ultimo tassello di un
ambizioso progetto, ai limiti del temerario, avviato non più di due anni prima direttamente dal vertice dell'Italcable, ovvero dallo storico Direttore generale
ed ora anche Amministratore delegato della società, l'ing. Cesare Fantò, assieme
al Presidente Pasquale Chiomenti. Fantò era entrato in Italcable appena laureato
nel 1946, ed aveva partecipato a tutte le tappe della ricostruzione e del
rafforzamento della società, conducendola ad uno status di azienda modello
all'interno della holding pubblica delle telecomunicazioni, la
STET (Vedi:
Breve storia della Italcable).
Il progetto SOFT correva parallelo ad un'altra storica iniziativa della
Italcable, concordata con i principali gestori internazionali, e in particolare
con quelli nord-americani: il passaggio alla
teleselezione internazionale. Fino a tutti gli anni '70, infatti, le
chiamate telefoniche verso e da gli USA (principale direttrice) e gli altri
paesi serviti dalla società, erano effettuate con la mediazione degli operatori,
che effettuavano materialmente la chiamata intercontinentale e poi mettevano in
connessione il chiamante e il chiamato.
Nei centri di Acilia era quindi presente un piccolo esercito di persone con due
caratteristiche fondamentali (oltre alla capacità di relazione): conoscere molto
bene le lingue e avere una propensione all'orario flessibile, infatti il
presidio doveva essere garantito 7x24 e quindi il lavoro era organizzato in turni.
Con il passaggio alla teleselezione internazionale, avviato nel 1977 e arrivato a coprire gli USA nel 1980, si dava un servizio più efficace agli utenti (anche se qualche anziano genitore di emigranti avrà rimpianto l'assistenza di un umano) e soprattutto più economico, ma si liberava un gran numero di risorse, sostituite dai sistemi elettronici, nel più classico degli schemi dell'automazione del lavoro.
Non erano tempi di lavoro flessibile né era pensabile che una società con utili record potesse ricorrere alla cassa integrazione, e quindi venne impostato un piano di riconversione degli addetti in eccesso, che erano circa cento.
Negli stessi anni stava procedendo con vigore la introduzione della informatica nel mondo delle telecomunicazioni (e in generale) e a qualcuno dello staff di Fantò venne l'idea di trasformare un problema in una opportunità. In quegli anni non esisteva il dubbio tra "make" e "buy" per il software applicativo: era tutto make (e questo valeva anche per il software di base, in alcuni casi) e la Italcable, assieme alle altre società del gruppo STET, era già un importante compratore di prodotti, applicazioni e lavoro specializzato dalle principali società di informatica operanti allora nel nostro paese, con in testa la IBM.
Una software factory interna avrebbe consentito un ciclo di produzione più breve, una maggiore integrazione e stabilità nel corso del progetto, e risparmi apprezzabili, eliminando il mark-up trattenuto dal fornitore. Se poi la software factory avesse avuto una massa critica sufficiente, in termini di persone e di competenze, da poter acquisire anche progetti da altre società del gruppo STET, si avrebbe avuto l'ulteriore vantaggio del riuso e della razionalizzazione delle soluzioni a livello di gruppo, oltre che la estensione dei vantaggi economici.
Ecco quindi il
progetto di una divisione SOFT, divisione in quanto dotata di autonomia rispetto
all'azienda, per poter seguire in modo equo anche progetti provenienti dai
"cugini", e anche per avere un conto economico valutabile separatamente, per
poterlo confrontare con la concorrenza privata e poter quindi verificare la
percentuale dei costi sul fatturato e i ricavi per addetto, e mantenerli
allineati ai "best in class" (anche se non si usava allora questa espressione)
del settore.
Inutile aggiungere che gli operatori di Acilia sarebbero entrati nella nuova
struttura, dopo una adeguata formazione e riconversione delle competenze, con i
ruoli di base richiesti da una fabbrica del software: programmatori, tester,
redattori di documentazione tecnica, a un livello di competenza raggiungibile
con il loro potenziale e curriculum di studi. Una opportunità quindi molto
interessante, per queste persone, di entrare in un nuovo settore produttivo a
forte potenziale di sviluppo.
Il progetto nei dettagli |
Per la realizzazione
di questa iniziativa di gruppo la Italcable si affidò ad un partner, una società
di informatica applicativa, con esperienza nel settore ITC e gestionale, di
primaria importanza a livello internazionale, la Logica
Ltd, una società inglese (tuttora operativa come Logica CMG).
La struttura pensata dalla Logica era tutto sommato molto semplice, e si
articolava su tre livelli e quattro settori operativi specializzati per
competenza, secondo il modello funzionale:
Livelli: project
manager (5), project leader (20), programmatori, tester, redattori di
documentazione tecnica (100)
Funzioni: progetti applicativi real-time, progetti applicativi batch, supporto
tecnico e software speciale, controllo qualità
Ora si capisce a cosa serviva la selezione dalla quale siamo partiti. Come si è visto le figure operative sarebbero arrivate da una riconversione di personale interno. Gli esperti provenivano dai settori tecnici e informatici dell'Italcable già esistenti. Quelli che mancavano erano i venti project leader, il livello intermedio, che sarebbero quindi arrivati dal percorso selettivo, e direttamente dalla laurea, dopo un corso di formazione indirizzato al progetto SOFT, e un periodo iniziale di circa un anno con compiti di (appena) minore responsabilità, come team-leader.
La differenziazione dell'area di sviluppo nasceva dall'approccio comune all'epoca: sistemi gestionali e amministrativi realizzati su piattaforma IBM (DOS/VSE nel caso di Italcable) e sistemi di telecomunicazioni su piattaforma mini computer. In questo secondo ambito lo standard acquisito dalla Italcable era quello della società che era già ormai diventata leader di mercato nei secondi anni '70, la DEC (Digital Equipment Corporation) con i sistemi operativi RSX/11 e poi VAX/VMS.
Elemento
caratterizzante della organizzazione impostata da Logica con i manager e gli
esperti della Italcable era l'obbiettivo di garantire la massima qualità del
software realizzato attraverso l'adozione di standard di produzione lungo tutto
il ciclo di vita di sviluppo e la scelta di mantenere separate le funzioni di
realizzazione software e di controllo qualità. Altro elemento orientato alla
qualità del servizio (manutenibilità del prodotto in esercizio) e al riuso era
l'attenzione alla documentazione e al suo aggiornamento, con la introduzione
nella struttura di figure specializzate e dedicate a questi compiti.
Rimanevano in secondo piano (ma sarebbero state probabilmente indirizzati in
seguito) la ricostruzione e configurazione controllate del software (SCM:
software configuration management) e gli aspetti organizzativi legati al
supporto dei prodotti in esercizio.
La capacità produttiva potenziale della costituenda divisione era quindi notevole, supponendo che ogni capo progetto avesse almeno un progetto (o equivalente) in carico a regime, con circa 12 p.l. nelle aree di sviluppo, la struttura avrebbe dovuto essere alimentata da almeno 10-15 progetti in parallelo, per complessivi 120 anni / persona circa.
Una capacità produttiva che era coerente con la seconda grande ambizione del progetto: non essere soltanto di servizio alle necessità di automazione dell'Italcable, ma diventare il centro di sviluppo anche dei progetti necessari alle altre società del gruppo STET, in primo luogo della più importante per investimenti (e necessità di aggiornamento tecnologico): la SIP.
I progetti e i problemi |
I primi progetti
arrivarono naturalmente dalla stessa Italcable, e in molti casi non erano per
necessità di automazione di processi interni, ma per opportunità commerciali
in paesi esteri e per arricchire l'offerta commerciale dei prodotti, soprattutto
nel settore della messaggistica. ERMES, ATENA, SATEL, BACCO. ASSAD erano alcuni
dei progetti che SOFT prese in carico sin da subito (da zero o per estensioni)
arrivando anche in poco tempo alla diffusione in esercizio.
Già nello stesso anno di avvio delle attività, il 1981, nascevano però i
primi ostacoli sulla strada del progetto organizzativo SOFT, come gli entusiasti
protagonisti appresero in seguito , e con tempi variabili.
Intanto c'era un problema di cambio di vertice (vedi la cronologia
Italcable) con il passaggio ad un ruolo meno operativo del principale
sponsor dell'operazione, il principale manager dell'Italcable degli anni '70,
ing. Cesare Fantò. Un avvicendato sul quale lo stesso Fantò ha detto la sua in
un libro che ha scritto qualche anno
fa.
E poi c'erano le immaginabili resistenze dei potenziali clienti interni o
semi-esterni (i "cugini" delle altre società del gruppo STET).
Avrebbero dovuto abbandonare il loro ruolo di clienti-padroni con fornitori
tradizionali, stabilizzati (e assai potenti, come la IBM) a favore di una
società interna. Avrebbero dovuto fidarsi della capacità produttiva, ancora
tutta da dimostrare, di una struttura che nasceva da zero (una start-up company
a tutti gli effetti, ma che nasceva già grande). Avrebbero avuto meno potere
negoziale.
Non si sa se sia stata prevalente la mancanza di appoggio interno oppure la ostilità inespressa o esplicita del resto del gruppo. Sta di fatto che SOFT non è diventata la divisione, o forse in futuro la società, per lo sviluppo centralizzato di software e applicazioni per il gruppo STET, ed è tornata nel giro di pochi anni ad un ruolo più tradizionale di centro di sviluppo e di competenze interne, garantendo però a chi ha avuto la fortuna di partecipare all'iniziativa, un livello di conoscenze e di esperienze difficilmente raggiungibile in un tempo così breve.
Dieci anni dopo una
iniziativa a livello di gruppo STET avrebbe tentato di replicare lo stesso
modello. Era la iniziativa TELESOFT (anche il nome era simile), una società
quasi paritetica tra SIP e FINSIEL (che era nel frattempo entrata far parte del
gruppo STET, uscendo dall'IRI), una fabbrica del software creata da zero con
l'ambizione di internalizzare e centralizzare le attività di sviluppo che SIP
(poi Telecom Italia) affidava all'esterno.
Una società che ha però dovuto affrontare gli stessi problemi sopra accennati
per SOFT, ma in scala ancora più grande, e le stesse resistenze. Il risultato
non è stato dissimile, anche se con tempi più lunghi (altri dieci anni).
Un problema del modello o della sua implementazione? Un tema ancora attuale o superato dalla evoluzione dell'informatica e dal tramonto delle fabbriche del software? Qualsiasi approfondimento è il benvenuto.
© Soft-Graffiti Aprile 2007 (AMT) |
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